Il capolavoro di architettura romana celebra l’imperatore viaggiatore e il suo grande amore Antinoo sullo sfondo della campagna romana.
“Ti erigerò una statua che sarà nel futuro prova incessante del mio amore, della tua bellezza e del senso che la bellezza dà del divino. Benché la morte con scarne mani spogli dei paramenti della vita e dell’impero il nostro amore, la tua nuda statua, abitata dal tuo spirito, tutte le ere future, che lo vogliano o meno, come un regalo portato da un dio che impone, inevitabilmente erediteranno”
Pessoa
Se l’amore eterosessuale ha in Venere il suo nume tutelare e il Taj Mahal a simboleggiarlo in oriente, quello omosessuale ha in Antinoo un Dio assoluto e in Villa Adriana il suo tempio supremo, cui ogni gay dovrebbe fare una visita.
Dichiarata Patrimonio dell’Umanità, l’immensa villa fu costruita tra il 118 e il 138, e fu abitata dal più colto degli imperatori, Adriano. Voleva in essa la sintesi dell’impero, il meglio da ogni cultura conosciuta nei suoi numerosi viaggi. L’idea che vi è alla base è quella del potere della conoscenza. Voleva che ogni edificio celebrasse i suoi luoghi, e la bellezza che aveva incontrato. In questa villa, a Tivoli, Adriano ricreò il suo mondo di instancabile esploratore e riformista.
Inviso al Senato, Adriano era considerato dai politici un debole, un gay senza eredi. Invece egli amava la caccia, le cavalcate al galoppo, le nuotate, il cibo e il vino, era un entusiasta dell’arte, adorava la filosofia, praticava il digiuno come prova di forza. Per i filosofi, i soldati, i poeti gli innamorati, rese un lascito indelebile. Di tutte le imprese che ha compiuto il suo amore per Antinoo è quella che la storia celebra ancora oggi immutata.
Lo schiavo della Bitinia, giovanissimo, con i suoi tratti greci e asiatici, conquistò subito Adriano. Il loro fu un grande amore e per cinque anni Antinoo seguì l’imperatore in imprese e viaggi.
Poi Antinoo morì nel Nilo, mentre navigava assieme Adriano. Le ipotesi sono diverse. L’imperatore era certo che non fosse stata una morte accidentale. L’aveva ucciso un altro giovane che ambiva a sostituirlo? Era un complotto dei nemici politici dell’imperatore per farlo soffrire? Oppure un sacrificio dello stesso Antinoo che voleva immolarsi per allungare la vita del suo amato, secondo un’antica credenza del tempo.
Flaubert
I resti di questa splendida villa sono ancora oggi la testimonianza della grandezza di quest’uomo e dell’amore per il ragazzo. Adriano infatti era sposato a Vibia Sabina ma si pensa non abbia mai avuto rapporti sessuali con lei “Tra tutti gli esseri, mia moglie è forse quello alla quale sono riuscito meno a piacere: è vero però che mi ci sono provato ben poco” fa dire la Yourcenar a Adriano, rifacendosi ad alcune testimonianze del tempo. A Villa Adriana molto era stato creato per Antinoo. Il Canopo riproduce in tutto e per tutto l’Egitto il delta del Nilo. Attorno alla piscina-canale correva un elegante colonnato. L’ampia esedra alla fine della vasca presenta il triclinio imperiale al cui interno si trova il letto triclinare. Quest’area era stata pensata come una piscina privata con cui rilassarsi e poi cenare, o dove tenere banchetti, resi spettacolari dagli effetti in acqua. Dietro si trova infatti una delle prime costruzioni definita dai moderni il Teatro marittimo, quando invece era una parte del tutto privata del palazzo.
Non potendo godere del tempo con Antinoo, Adriano gli ha quindi fatto dedicare qui un luogo di culto scoperto recentemente: l’Antinoeion. All’interno del complesso sono stati rinvenuti frammenti di statue in marmo nero, relative a divinità egizie o a figure di sacerdoti che confermerebbero che quello fosse il luogo di culto del dio Osiride-Antinoo.
Ogni poeta, ogni scultore, si cimenta da duemila anni nella celebrazione di questo amore. Lo strazio e il dolore di Adriano sono divenuti lo strazio di tutti gli amori del mondo, simboleggiati da questo giovane uomo che racchiude una mitologia immutata nel tempo: Ermes, Narciso, Osiride, Adone, Apollo. E poi Anti-noo, Anti-noos, «colui che si oppone», nato schiavo e trasportato dal Nilo fino a noi.
Letizia Strambi