Un recente studio di GLAAD ha rivelato che tutti fra i più famosi social network – TikTok Facebook, Instagram e Twitter – sono “categoricamente non sicuri” per le persone LGBTQ+.
Una scoperta scioccante ed inaspettata: GLAAD aveva infatti inizialmente pianificato di dare dei voti per ogni sito indicando un indice di sicurezza ma questa ipotesi è stata subito scartata quando è diventato evidente che “sinceramente avrebbero tutti fallito”.
In particolare, il team di esperti consulenti esterni di GLAAD ha esaminato le politiche vigenti di tutti i principali social e come venissero applicate e rispettate. È così emerso che ogni singolo social network in questione non è in grado di proteggere le persone LGBTQ+ dall’essere molestati e minacciati.
A riguardo si è pronunciata Sarah Kate Ellis, CEO e Presidente di GLAAD, durante un’intervista su Axios: “Sono categoricamente insicuri, su tutti i livelli… Ci sono conseguenze nel mondo reale per ciò che accade online… Penso ci siano linee dirette purtroppo collegate ai suicidi della nostra comunità”.
La stessa ha sottolineato la disconnessione tra l’etica LGBTQ+ friendly adottata da tutti i principali social network e la diffusione incontrollata di disinformazione dannosa e di molestie. Infatti, nonostante ci siano anche aspetti positivi per le persone LGBTQ+ che trovano supporto online, al momento la sfida è che gli effetti negativi superano quelli positivi.
“Ciò che mi ha sconvolta di più a fine giornata è che queste aziende hanno il potere per fermarlo” ha affermato Ellis.
Il rapporto di GLAAD delinea una serie di raccomandazioni per tutte le piattaforme inclusi specifici suggerimenti per ogni servizio. Tutti i social in questione hanno accolto positivamente quanto consigliato da GLAAD e hanno tutti dichiarato di impegnarsi giornalmente per il bene e la sicurezza della comunità LGBTQ+ ed è anche per questo che continuano a lavorare con organizzazioni LGBTQ+ no profit come la stessa GLAAD.
A titolo di esempio, Alex Schultz, CMO di Facebook e Instagram, ha dichiarato: “Trovare il giusto equilibri tra dare voce e agire sui contenuti dannosi è difficile. Questo è il motivo per cui collaboriamo con esperti, organizzazioni no profit e altri stakeholder – come GLAAD – nel tentativo di farlo bene”.