Parlare di omosessualità nell’antica Grecia non crea molto stupore, ma sono in pochi a sapere quanto fosse diffusa in altre civiltà parallele e precedenti.
L’omosessualità nell’Antico Egitto, ad esempio, era largamente praticata, ma come per i romani era considerata virile solo rispetto all’uomo che adottava il ruolo attivo, mentre colui che aveva il ruolo passivo era considerato con disonore e disprezzo.
Ne abbiamo testimonianza in un passaggio del libro dei morti, una condanna nei confronti degli atti omosessuali ed un elogio rispetto a coloro che, seppur commilitoni e compagni di letto, non intrattenevano rapporti sessuali tra di loro.
Una ulteriore scoperta è dovuta ad un egittologo omosessuale, il quale rinviene le prime tracce certe su di un papiro risalente al 1.800 a.C. in cui un uomo ne corteggia un altro dichiarando “neferwi-pehwi-ki”, cioè “che bel didietro che hai”.
Altri segni di accettazione dell’omosessualità nell’Antico Egitto sono giunti fino a noi attraverso l’arte – un’ostraka risalente al periodo dei ramessidi sembrerebbe raffigurare un rapporto omosessuale – e la letteratura, come racconta il mito della contesa di Horus e Seth.
Ma anche nelle scritture ebraiche troviamo diversi indizi. Ad esempio, nel Levitico 18,3 trai i rapporti sessuali proibiti da Mosè compare anche il contatto carnale tra uomini che viene definito come “la pratica del paese d’Egitto”.
Storie di omosessualità nell’Antico Egitto
Alla base dell’antica religione egizia troviamo il mito del giovane principe Horus e di suo zio Seth che racconta la vita di queste due divinità e della loro rivalità per la conquista del trono (Papiro Chester Beatty Pap I, Oxford 1 del 1.700 a.C. conservato a Dublino).
La storia narra che dopo la morte di Osiride, padre di Horus, ucciso da Seth, bisogna trovare in fretta il successore al trono. Seth (divinità raffigurata con la testa di una cane o sciacallo) tenta di sedurre il nipote Horus il quale non accetta la sua offerta sessuale, poiché era stato messo in guardia dalla madre Iside. Evita così l’umiliazione di fronte agli altri dèi. Il racconto termina con una battaglia finale tra i due con Seth che ferisce ad un occhio Horus. Ma alla fine il principe strappa via gli organi genitali allo zio che diviene così un eunuco.
Tracce dell’omosessualità del dio Seth le troviamo anche in altre parti del racconto, dove ad esempio lo troviamo a commentare con soddisfazione le grazie fisiche e la forma aggraziata nonché desiderabile del sedere del nipote adolescente.
Una versione della stessa storia che risale al Nuovo Regno nel 1.200 a.C. ci mostra una versione ancora più esplicita di Seth che arriva ad avere un rapporto sessuale intercrurale con il nipote, durante una festa a casa sua. Questo provocherà l’ira della madre di Horus, Iside, la quale si troverà a purificare il figlio contaminato dalle secrezioni di Seth nelle acque del fiume sacro Nilo. La vendetta verrà inferta da Iside. La dea farà cospargere di sperma di Horus il cibo di Seth che lo mangerà restando stavolta lui contaminato. Bisogna pensare che nell’antichità, in quasi tutte le forme religiose medio orientali, lo sperma era considerato come elemento di fertilità e creativo di fortissimo potere.
Nel caso di Horus, la leggenda vuole che implicitamente il nipote riuscì ad ingravidare lo zio abbassandolo al ruolo di donna. Questo fu il motivo di derisione da parte di tutti gli dèi del pantheon egizio. Così Horus riuscì a dimostrare di essere molto più astuto e quindi adatto ad ereditare il trono d’Egitto, mentre Seth dovette nascondersi per la vergogna in mezzo al deserto.
Questo mito ci conferma, senza ombra di dubbio alcuna, che anche nell’Antico Egitto gli atti omosessuali in sé non erano socialmente disdicevoli, bensì solo il ruolo sessuale passivo assunto da uno dei due uomini: il partner attivo non incorreva in alcuna condanna, anzi veniva ammirato, mentre quello passivo era messo al bando ed etichettato negativamente in quanto si era “abbassato allo stesso livello di una donna”.
Dal Medio Regno ci giunge un altro racconto molto intrigante, intitolato “Il Querelante di Menphis”, sulla relazione clandestina tra il faraone Neferkare ed il generale Sanset. Si racconta delle notti in cui il faraone, di nascosto, si recava a trovare il proprio sottoposto, intrufolandosi nel suo letto e “facendogli tutto quello che voleva”, intendendo eufemisticamente i rapporti sessuali. Si pensa oggi che questo fosse un riferimento al reale faraone Pepi II, che era notoriamente considerato molto sensibile al fascino maschile.
La pratica fra soldati era comunque diffusa sia in Egitto che in altre culture, proprio per rafforzare l’intimità, in modo da legare tra loro gli uomini.
Per chiudere in bellezza, non possiamo non parlare di quella che è considerata la prima coppia omosessuale maschile documentata nella storia: Khnumhotep, che significa “Il dio Khnum è soddisfatto”, e Niankhkhnum, che significa “Il dio Khnum ha vita”. Vissuti nel periodo della mastaba di Niuserra e Menkauhor durante la V dinastia egizia nel 2.400 a.C., erano confidenti del faraone Niuserra ed il titolo che entrambi condividevano era “Sovrintendente alla manicure nel palazzo reale” nonché erano sacerdoti nel tempio solare ad Abu Gurab.
La loro tomba fu scoperta dall’egittologo Ahmed Moussa nel 1964, nella necropoli di Saqqara. È l’unica tomba della necropoli in cui due uomini siano raffigurati abbracciati mano nella mano; inoltre, i geroglifici dei loro due nomi sono combinati, dando luogo ad un gioco di parole che potrebbe essere un riferimento alla loro relazione. Infatti, la parola egiziana hnm non è utilizzata solo nel nome del dio Khnum, ma è anche un verbo che significa “unire”, e pertanto la frase formata dall’unione dei due nomi può essere tradotta “uniti nella vita e uniti nella pace”.
All’interno tra i tanti compare un affresco dove i due si abbracciano nella posa più intima consentita canonicamente nell’arte egizia, circondati da quelli che sembrano essere i loro eredi.
Un altro motivo per cui è stato ipotizzato un loro legame amoroso omosessuale è il modo in cui sono stati tumulati, posti vicini nella stessa tomba, nella stessa maniera cioè riservata alle coppie sposate.