Con 6 voti favorevoli e 3 contrari, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che i datori di lavoro che licenziano i dipendenti perché parte della comunità LGBTQ+, violano le leggi sui diritti civili del Paese.
In particolare, gli avvocati del lavoro e l’amministrazione Trump sostenevano che quanto contenuto nel Civil Rights Act non andava applicato nei casi che riguardassero l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Così, il giudice della Corte Suprema, Neil Gorsuch, incaricato di rivedere il caso, ha affermato: “Un datore di lavoro che licenzia un individuo per essere omosessuale o transegender licenzia quella persona per tratti o azioni che non avrebbe messo in discussione in soggetti di un sesso diverso”.
La comunità LGBTQ+ statunitense è stata molto orgogliosa della sentenza. A riguardo, Sean K Heslin, un consulente finanziario gay, ha dichiarato: “La sentenza pronunciata oggi dalla Corte Suprema mi ha fatto piangere. In qualità di uomo gay abbastanza fortunato da vivere in California ed essere originario di New York, personalmente, non ho mai dovuto preoccuparmi di perdere lavoro o di non essere assunto semplicemente a causa del mio orientamento sessuale. Ma in qualità di consulente finanziario che lavora con clienti provenienti da tutto il Paese da oltre 30 anni, ho sentito innumerevoli storie di persone che hanno perso il lavoro semplicemente perché gay. Ciò mi fa arrabbiare e rattristire da molto tempo. Da anni sto parlando ai seminari o con amici e parenti di come oggigiorno sia ancora perfettamente legale licenziare qualcuno solo perché gay. Molte persone non mi hanno creduto. Fino ad oggi”.