Un luogo di incontaminata natura, dove ogni corpo si sposa con il sole e il mare: questa è la Sicilia. Per i siciliani, concetti come sensibilità, tolleranza e ospitalità sono da sempre inerenti alla propria anima: Oscar Wilde fuggì dall’Inghilterra puritana per rifugiarsi sull’isola, il barone Von Gloeden si trasferì a Taormina per fotografare quelli che, secondo lui, erano i giovani più belli del mondo; un passaparola che, nel corso degli anni, ha portato le persone LGBT+ a eleggere la Sicilia come destinazione privilegiata per il turismo gay-friendly.
Taormina è meta di turisti provenienti da ogni parte del mondo e continua a esercitare un fascino mistico su ogni anima che si imbatte nelle sue antiche pietre: soprattutto in agosto, quando molti uomini omosessuali decidono di incontrarsi proprio nei vicoli di questa città in gran parte medievale, o intorno all’antico teatro.
Lo stesso si può dire di Siracusa, dove la modernità si intreccia con la libera, irreprensibile e affascinante tradizione greca. Le oasi LGBT+ a volte sono spiagge difficili da raggiungere rispetto ad altre, ma – una volta arrivati – offrono suggestioni ed emozioni non comuni: ce ne sono nelle vicinanze di Palermo, Trapani, Siracusa, Noto, Messina e Catania. Sabbia fine e mare cristallino; oltre gli arbusti, la spiaggia si apre libera e incontaminata. La fresca ombra degli eucalipti dona riposo e privacy, e un tuffo dal sole al mare cristallino è il modo migliore per coniugare l’estasi offerta dalla vista di paesaggi e tramonti mozzafiato.
Catania, una delle città più importanti della Sicilia, è sempre stata famosa anche per la sua vita LGBT+. Nel secolo scorso, in realtà, la scena gay a Catania era composta principalmente da uomini (a causa della scarsa visibilità data in generale alle donne lesbiche): erano chiamati – in dialetto siciliano – arrusi nel caso dei passivi, mentre gli attivi godevano del titolo più virile di masculi, maschi.
Fino al 1939, tutti gli uomini gay e bisessuali della città si incontravano in una delle prime sale da ballo italiane per soli uomini: un elemento che distingueva Catania da altre città.
Altra particolarità di Catania era l’antico quartiere di San Berillo: uno spazio sicuro per la comunità LGBT+, in cui omosessuali, bisessuali e transessuali erano liberi di praticare il sex work o rimorchiare.
Vicino San Berillo si trova l’ultimo monumento alla storia LGBT+ di Catania: l’arvulu rossu; in dialetto, il “grande albero”. Era un luogo d’incontro per gli arrusi, che la sera camminavano sul marciapiede con il favore del buio e alla ricerca di amori furtivi – fino a quando il fascismo e la guerra non fermarono tutto.
Fortunatamente, la vita LGBT+ della città è rinata in tutto il suo splendore: associazioni – il comitato locale della più grande associazione LGBT+ italiana, Arcigay, ha sede in città -, pub, discoteche, feste e club LGBT+ animano la comunità e ogni persona LGBT+ qui è libera di esprimersi, nella città che celebra che siamo nati così.
Di Emanuele Liotta