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Sarah Jane Morris | Tutti i dettagli sulla paladina dei diritti LGBTQ

Redazione by Redazione
11 Luglio 2019
Reading Time: 7 mins read

Da oltre trent’anni Sarah Jane Morris, una delle maggiori cantanti soul, jazz e R&B del Regno Unito, forte attivista LGBTQ+ fin dagli anni 80/90, raccoglie applausi e ottime critiche in tutto il mondo grazie alla sua magnifica voce soul e la sua potenza emotiva. 

Il 5 luglio in Italia è uscito “Sweet Little Mystery. The Songs of John Martyn“, il nuovo album di Sarah Jane Morris che, con la collaborazione di Tony Rémy, rende omaggio al geniale e ribelle cantautore scozzese John Martyn.

Sarah Jane Morris si racconta a QMagazine con un’intervista esclusiva.

Puoi raccontarci come è nata l’idea di questo album dedicato a John Martyn?

Avevo bisogno di prendermi un anno di pausa dopo avere scritto canzoni sulla condizione umana da lungo tempo ormai. Volevo fare un passo indietro per qualche mese per rigenerarmi. Ci sono troppe cose brutte e tristi da raccontare con quello che sta accadendo nel mondo.

Per 22 anni ho chiuso i miei concerti con la canzone “I Don’t Wanna Know About Evil” di John Martyn, la canto come se fosse una canzone di pace in tempo di guerra. John morì 10 anni fa, aveva la mia attuale età. Come me, lui era un outsider della musica. All’età di 14 anni, quando l’ho visto cantare “May You Never” nel programma “The Old Grey Whistle Test”, ho preso una cotta adolescenziale per lui. La sua musica mi ha accompagnato nei miei 20, 30, 40 anni e quando ne ho compiuti 50 lui morì, aveva 60 anni. Ora ho io 60 anni, e ho voluto rendere un omaggio musicale, come cantautrice, a questo geniale artista. Voglio che le giovani generazioni lo scoprano. John era sia uno straordinario chitarrista che cantante, così, per rendere giustizia al progetto, ho deciso di coinvolgere Tony Remy, mio collaboratore a amico di lunga data e chitarrista altrettanto straordinario. Io e Tony abbiamo la stessa scuola di pensiero: quando esegui la cover di una canzone, la cambi, la rivendichi e la fai tua. Ci è piaciuto molto ascoltare le vecchie opere di John e scegliere quelle con cui sapevamo di poter trasmettere qualcosa.

Insieme a mio fratello Rod Morris, di professione regista, ho girato il paese e ho registrato interviste con amici, familiari di John e i colleghi musicisti che hanno lavorato con lui per capire meglio la sua storia e trasformarla in uno spettacolo teatrale. Lo spettacolo andrà in scena al Festival di Edimburgo per due settimane durante il mese di agosto. La regia è di Mark Thomas, un comico politico inglese che è anche un’attivista ed un accanito ascoltatore e amante della musica. Questo progetto continua a crescere e ad espandersi.

Che rapporto hai con l’Italia?

L’Italia è diventata una seconda casa per me, nel vostro paese mi sento davvero capita e amata. Nel 1980 ho lasciato la scuola di recitazione che frequentavo con Rupert Everett e Kristin Scott Thomas a Londra. Mi sono trasferita a Firenze per unirmi a un gruppo rock/blues chiamato “Panama”. Nel 1986 sono tornata in Italia insieme ai “The Communards” con una hit al primo posto della classifica, e nel 1989 sono tornata per presentare il mio primo album da solista mentre ero in tour con i “Simply Red” come gruppo di supporto. Sono stata accolta dai media e dal pubblico come se fosse un concerto a se stante e non uno show di apertura e ho avuto la fortuna di avere un grande successo con il brano “Me and Mrs Jones” che era stata bandita in Inghilterra poiché Radio One sospettava che fosse una canzone di propaganda lesbica in quanto non avevo cambiato il testo in “Me and Mr Jones”.

Nessuna lesbica era uscita allo scoperto in quegli anni (KD Lang arrivò sulla scena anni dopo) ed erano tutti preoccupati che io potessi diventare un simbolo, e così mi chiusero tutte le porte.

Nel 1991 ho vinto il Festival di Sanremo con la canzone ‘Se stiamo Insieme’ che ho interpretato e adattato nella versione inglese insieme a Riccardo Cocciante e che diventò un grande successo. L’Italia mi ha dato un supporto meraviglioso quando il mio paese mi chiuse le porte in faccia e per questo le sarò eternamente grata.

Il tour europeo sta avendo un grandissimo successo, come spieghi questo grande interesse nei confronti di questo progetto e di John Martyn?

Il tour e la critica sull’album stanno andando incredibilmente bene. In alcuni casi il pubblico conosce già John Martyn e altre volte no, ma alla fine del concerto tutti ne sanno qualcosa in più.

Cosa ti spinse negli anni 80 e 90 a batterti per i movimenti gay e LGBTQ+? Pensi che una presa di posizione degli altri artisti possa essere di aiuto anche oggi?

Ho iniziato ad essere coinvolta dal mondo LGBTQ a metà degli anni ’80. Innanzitutto ero membro di una delle più famose gay band, e inoltre due dei miei 6 fratelli erano gay e io ero consapevole di tutta l’ignoranza e l’odio con cui avevano a che fare ogni giorno.

Un buon amico di me e Jimmy era Mark Ashton a cui il film “Pride” è dedicato. Ho perso molti amici a causa dell’Aids durante gli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90. Detesto l’omofobia, il razzismo, il sessismo e ho deciso di diventare una cantautrice dei diritti umani.

Nel mio album “Bloody Rain” ho scritto una canzone chiamata “Men Just Want To Have Fun” per l’associazione benefica Terrence Higging Trust. Ho anche dato questa canzone a Annie Lennox per usarla nella sua campagna in Sud Africa attraverso l’associazione benefica “SING” per sensibilizzare la diffusione dell’Aids nei paesi africani.

Sempre per restare nella tematica LGBTQ+, puoi raccontarci se c’è stato un evento particolare per cui ti sei battuta e che ha avuto un peso importante nella tua vita?

Nel 2000 ho scoperto che “Armistead Maupin”, autore di “Tales of the City” e uno dei più famosi scrittori gay del mondo, era mio cugino. Ora siamo grandi amici, lui e suo marito Chris sono venuti al lancio del mio album a Londra qualche settimana fa e io ho cantato con mio figlio Otis alla presentazione del suo ultimo libro alla “British Library” di Londra. “Tales of the City” di Armistead è appena approdato su Netflix sotto forma di film e ha una sua nuova vita.

Ho un bellissimo figlio di 24 anni anche lui gay ed orgoglioso di esserlo. Otis è un cantautore, vive con il suo partner Jasper. Mio figlio è un ragazzo straordinario, politicamente attivo, cantante meraviglioso e sono così orgogliosa dell’uomo che è diventato. Ho scritto la canzone “Gay Man Blues” che parla di una persona che conosco, che ha sofferto così tanto la sua condizione di gay da diventare un omosessuale omofobo. Combatterò per i diritti degli omossessuali fino al giorno in cui morirò. Sono molto orgogliosa di aver cresciuto uno stupendo figlio gay che è orgoglioso di essere chi è, che ha una coscienza sociale e che sa come amare e come farsi amare.

Dopo avere collaborato con artisti italiani come Riccardo Cocciante, Pino Daniele, Danilo Rea e Noemi, c’è qualche altro artista italiano con il quale ti piacerebbe fare qualcosa?

Mi piacerebbe lavorare con Paolo Conte e duettare con il mio amico Mario Biondi. Amo Renato Zero e vorrei lavorare con lui. Ho intenzione di vivere alcuni mesi all’anno in Italia per migliorare la mia conoscenza della vostra lingua e per registrare un album che renda omaggio al grande cantautorato italiano. Pino Daniele era un caro amico, abbiamo scritto tre canzoni insieme e mi manca enormemente. Amo collaborare e sono aperta a tutti i suggerimenti. Morricone è il mio compositore preferito.

Quanto è importante “il viaggio” nella tua vita?

 Grazie al mio lavoro viaggio per tutto il mondo e penso che il viaggio sia la migliore educazione che chiunque possa ricevere. Puoi scoprire nuove culture e che la tua non è l’unica. Mio marito è un artista e amiamo scoprire l’arte e la storia di ogni luogo quando viaggiamo. L’anno prossimo spero di andare in Giappone, Australia e Nuova Zelanda non avendo mai visitato questi posti. Vorrei visitare altri paesi del Sud America perché per ora ho visitato solo la Colombia. C’è così tanto da scoprire.

Raccontaci qualcosa di te… Hobby, inizi di carriera, spunti importanti della tua vita, quello che senti di raccontarci.

Quando ero adolescente diventai campionessa di judo.

Sono entrata a fare parte di “Amnesty International” all’età di 17 anni e ho iniziato a essere coinvolta nella lotta per i diritti umani da quel momento.

Quando avevo 17 anni mio padre andò in prigione con una condanna di 7 anni. Abbiamo perso la nostra casa ed eravamo una famiglia distrutta. Mia madre ha combattuto duramente per tenerci uniti anche senza soldi, la vita fu davvero dura per lei. Abbiamo dovuto tutti ricominciare da capo e ricostruirci una nuova vita.

Ho coscritto la canzone “Coal Not Dole” che fu l’inno dei “The Miners Strike” (lo sciopero dei minatori britannici).

Sono stata nominata come migliore attrice non protagonista dallo Standard per aver interpretato Lucy in “The Beggars Opera”.

Ho scritto la canzone per la campagna di FGM – “Female Genital Mutilation”.

Boy George ha scritto per me una canzone per il mio album “Cello Songs” che ho registrato a Roma con Enrico Melozzi.

La mia amica Daniela Vecchi, stilista italiana, crea per me degli abiti meravigliosi da indossare sul palcoscenico.

Quando posso creo i miei vestiti oppure li compro nei negozi dell’usato.

Ogni giorno è una nuova avventura e faccio in modo di godermi tutto il possibile.

So quanto sono fortunata. Amo quello che faccio per vivere e sono al mio culmine.

  

Il tour europeo per la presentazione del suo nuovo album prosegue. Per chi fosse interessato, qui le date italiane:

11 luglio Casa del Jazz  I Concerti nel Parco| Estate Romana 2019 – Roma

25 agosto Molino Benini – Santo Stefano (RA)

27 agosto Mulino di Mamino – Montese (MO)

30 agosto – Montegrotto Terme (PD)

21 settembre – Nuoro

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