Anche gli omosessuali hanno un Santo protettore, ecco la sua storia.
Il Santo divenuto protettore degli omosessuali è San Sebastiano. Non vi sono documenti che attestino l’omosessualità di San Sebastiano. Tuttavia il suo destino è stato quello di divenire nel tempo un’icona gay.
Il primo a parlarne apertamente fu, nel 1909, Georges Eekhnond nella sua opera “Saint Sébastian Dans la Peinture”. L’anno successivo addirittura Gabriele D’Annunzio usò per lui l’appellativo di “favorito” degli imperatori Diocleziano e Massimiamo. Nell’opera “Martyre de Saint Sebastien” il martire fu fatto interpretare, non a caso, ad una giovane donna. L’opera dell’esteta si concludeva con gli arcieri che, mentre uccidevano Sebastiano, gli gridavano il loro amore per la sua bellezza. Ma “favorito” in realtà è un termine ambiguo che poteva anche indicare un ruolo di consigliere.
È nel XX secolo che queste tesi iniziando a diventare sempre più tema di discussione e dibattito per cui il Santo comincia a godere di una certa simpatia da parte della community. Al punto che qualcuno si è spinto a definirlo “patrono” della stessa.
Nell’epoca romana e bizantina fino al Medioevo San Sebastiano era rappresentato come un uomo maturo. Aveva, infatti, circa quarant’anni quando nel 304 d.C. fu giustiziato; età che all’epoca era considerata già molto avanzata.
Tuttavia nel Rinascimento l’arte tenta di rappresentare la rinascita spirituale idealizzando l’essere umano. È qui che troviamo il ringiovanimento e l’abbellimento estetico di San Sebastiano. Divenuto efebo ragazzo adolescente, esaltato nelle forme perfette e svestito dei propri abiti per evidenziare meglio la sua bellezza e forma fisica. La raffigurazione di un giovane, attraente, seminudo e legato ad una colonna antica ha intercettato sempre più l’interesse degli artisti omosessuali permettendo loro di celebrare le bellezze del corpo maschile.
Nel periodo cinque-seicentesco molti artisti ritraggono il San Sebastiano come un bel giovanotto con tratti effeminati e con un corpo dolcemente scolpito. Questo viene interpretato da molti critici d’arte come un tentativo di raffigurazione omoerotica del Santo. Vedendo nella rappresentazione delle frecce irte sul corpo del martire un esplicito simbolismo fallico nonché un’allusione ad un ideale di sadomasochismo estetico.
Secondo Janet Cox-Rearick, storica dell’arte, già in questo periodo diventa abbastanza diffusa la lettura omoerotica della figura di Sebastiano. Tra i XVI-XVII individua una tradizione letteraria che lega il martire all’omosessualità. Come suggerito dal suo utilizzo da parte di William Shakespeare ne “La dodicesima notte” e ne “I due gentiluomini di Verona”.
Un altro storico dell’arte, Louis Réau, nel 1958 conclude dicendo: “[dal XV secolo] II cerchio si chiude, la connessione tra i sodomiti, sedotti dalla nudità e dell’apollinea bellezza (quasi mitica) dell’efebo, ed il santo-martire che viene glorificato da un artista non a caso sopranominato Il Sodoma, è compiuta”.