L’eros secondo il mito a Napoli: dalle Metamorfosi di Ovidio all’Ottocento
Questa interessante mostra propone, attraverso circa ottanta opere d’arte di diverse tecniche, una lettura del mito attraverso la seduzione, cioè gli amori degli dei, e la “trasformazione”. La trasformazione di divinità come Giove, che sotto mentite spoglie riesce a sedurre una sua preda, o la trasformazione della stessa, che solo dopo essere stata conquistata dal dio si muta in un un’espressione o in un elemento della natura.
Così si incontrano le storie di personaggi come Danae, Leda, Ganimede, Io, Eco, Europa, Narciso, Diana e Atteone, Dafne e Apollo, e Ermafrodito, al quale la mostra dedica un’attenzione particolare.
Secondo le Metamorfosi di Ovidio, Ermafrodito, nato dall’unione di Ermes (Mercurio) e Afrodite (Venere), fu allevato dalle ninfe in una grotta sul monte Ida. Il giovane (che di sembianza era la perfetta sintesi dei suoi genitori, in quanto nel suo volto si poteva notare come ai due somigliasse in ugual misura) visse con le ninfe fino all’età di quindici anni, per poi raggiungere la Licia e conoscervi la ninfa Salmace.
La ninfa s’invaghì di Ermafrodito, ma lui rifiutò perché non intenzionato. Lei cercò in tutti i modi di averlo, e così riuscì a farlo suo soltanto quando egli entrò per caso in una fonte. In quel momento la ninfa vi si tuffò e l’abbracciò, invocando gli dei affinché le concedessero di averlo e di non staccarsi mai più da lui, fino a fondersi in una sola persona:
“Come vedi saldarsi, mentre crescono, due rami e svilupparsi
insieme, se li unisci sotto la medesima corteccia,
così, quando le loro membra si fusero in quel tenace abbraccio,
non furono più due, ma un essere ambiguo che femmina non è
o giovinetto, che ha l’aspetto di entrambi e di nessuno dei due”.
O come scrisse Marziale (Epigrammi, XIV, 174): Ermafrodito “entrò maschio nella fonte: ne uscì fornito di entrambi i sessi” (mentre per Diodoro Siculo era bisessuato dalla nascita), diventando nella cultura occidentale un simbolo dell’androginia e del transessualismo, spesso rappresentato come una bellissima donna con i genitali maschili.
Figure di questo tipo sono presenti anche in altri contesti geografici e altrettante mitologie, come Ardhanarishvara nella cultura Indù, Xochipilli, divinità azteca, o ancora il dio egiziano Hapi, raffigurato come uomo ma con i seni.
Per queste religioni i miti bisessuati rappresentano la perfezione, l’unione della donna e dell’uomo, e proprio per questo motivo il culto di Ermafrodito era legato al matrimonio.
Ermafrodito è spesso assimilato a Afrodito, divinità maschile di Afrodite. Venerato nell’isola di Cipro, secondo Macrobio era rappresentato come una donna, ma con barba e genitali maschili. Gli uomini e le donne celebravano questo culto scambiandosi i vestiti, in un rito dove la trasformazione, cioè in questo caso la transessualità, era proprio evocatrice dell’unione dei due sessi.
Protagonista di questa esposizione l’arte romana di Pompei, quella della Magna Grecia in generale, ma anche alcune opere moderne, come quelle di Baccio Bandinelli, Bartolomeo Ammannati, Nicolas Poussin, Guido Cagnacci, Giambattista Tiepolo o Bertel Thorvaldsen, che spiegano come il mito è stato recepito in diversi momenti storici e in differenti culture.
Amori divini
a cura di Anna Anguissola e Carmela Capaldi, con Luigi Gallo e Valeria Sampaolo
Napoli, Museo Archeologico Nazionale
7 giugno – 16 ottobre 2017
www.museoarcheologiconapoli.it