Un tour con Quiiky assieme a un gruppo di giornalisti stranieri di riviste gay: ecco quello che gli è piaciuto.
Partiamo con un grande ago e un insieme di colori, un tributo alla città di Milano in piazzale Cadorna. Nella scultura di Claes Oldenburg si racchiudono diversi significati, i colori delle linee della metro, l’arcobaleno simbolo di accoglienza di tutte le diversità che sono confluite nella città, l’ago che ricorda la sartorialità, l’artigianato e soprattutto la moda che da sempre sono il tessuto connettivo della città.
Il richiamo a Leonardo nella città è immediato, perché la sua sorte fu legata a doppio filo a quella del Principe Sforza, che rese grande Milano al tempo in cui Firenze era resa grande dai Medici, Roma dai Papi, Ferrara dagli Este. Leonardo arrivò qui con i suoi lunghi capelli a suonare il liuto, ma in cuor suo aveva ben altri intenti. Il suo desiderio era quello di una gigantesca statua equestre, ma anche di studiare, sperimentare, inventare.
Divenne ben presto lo scenografo di feste inimmaginabili dove si muovevano pianeti in quadri astrali con centinaia di comparse.
IL CASTELLO E LA PIETÀ
Il Castello Sforzesco nasconde una delle più belle sculture al mondo, la Pietà Rondanini di Michelangelo. Molti credono che Michelangelo vecchio non avesse fatto in tempo a finire la scultura, ma questo solo in parte è vero.
Se nelle prime opere come la Pietà di San Pietro, la grandezza è tutta rivolta al futuro, con una Maria bambina che tiene il peso del dolore, della nascita e della morte, in una perfetta visione di compiuto, finito, in questa scultura si ritrova tutto il dramma di Michelangelo anziano. Un uomo che viveva di contrasti: il suo anelito a Dio, e il peso del suo corpo umano, cui sono dovuti i peccati, gli eccessi, la materia all’origine della tentazione. Dov’è dunque l’anima di Michelangelo, il suo amore puro? Nella natura stessa del marmo da cui lui vorrebbe far uscire il pensiero, l’anima che ha dentro, ma non ne può essere capace fino in fondo, perché la materia non rende lo spirito così come lo abbiamo dentro.
L’ULTIMA CENA
Molto meglio viveva la sua omosessualità Leonardo, era mentore del suo Salaì che lo faceva impazzire. Un po’ modello, un po’ allievo, un po’ compagno a bottega. Gli piaceva così com’era si ispirò con ogni probabilità a lui per il San Giovanni del Cenacolo. Se il mondo di Leonardo è unità geometriche e infinito, quello di Salaì e caos e leggerezza.
LA VIGNA DI LEONARDO
Quando nel 1495 Ludovico il Moro assegna a Leonardo l’incarico di dipingere un’Ultima Cena nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, la chiesa che medita di trasformare nel mausoleo del proprio casato, gli Sforza, concede a Leonardo la proprietà di una vigna estesa per poco più di un ettaro. Leonardo dopo aver lavorato una giornata alla pittura la sera passava alla sua vigna. Nell’aprile del 1500 però le truppe del re di Francia sconfiggono e imprigionano il Moro e anche Leonardo lascia Milano, non senza aver prima affittato la vigna al padre del suo allievo prediletto Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì. Leonardo non smetterà mai di occuparsi della sua vigna: la riconquisterà quando i Francesi gliela confischeranno e in punto di morte, nel 1519, la citerà nel testamento, lasciandone una parte a un servitore e un’altra parte proprio al Salaì, che abitava in una casupola nei pressi e che qui verrà ucciso, cinque anni dopo, in circostanze mai troppo chiarite, lasciando dietro di sé una catasta di quadri leggendari.
Sulla vigna cade l’oblio fino al 1919, ossia fino ai giorni in cui l’architetto Piero Portaluppi avvia il cantiere della trasformazione di Casa degli Atellani. È in questo periodo che l’architetto Luca Beltrami, grande storico di Leonardo, studia sui documenti d’epoca le precise dimensioni e la possibile posizione della vigna. Ed è in questo periodo che Beltrami si spinge in area per verificare le proprie ricerche e per fotografarla, miracolosamente ancora intatta, in fondo al giardino di Casa degli Atellani. Prima che venga distrutta da un incendio e dai disastri dell’urbanistica. Prima che Expo 2015 la veda rinascere.
LA PINACOTECA AMBROSIANA
Da non perdere in un tour milanese la pinacoteca che conserva opere del Salaì e allievi Leonardeschi, con una serie di ritratti androgeni, tra cui il “musico”. Per i curiosi qui troverete i capelli di Lucrezia Borgia ancora intatti: meravigliosi. Disse Stendhal vedendoli: “il più bel biondo di sempre”.
Splendida la Biblioteca voluta da Federico Borromeo, vescovo di Milano, che si innamorò della libreria vaticana e cercò di emularla. Ma non fu possibile per una cultura ancora gotica che avvolgeva la città del Duomo europeo, mentre a Roma ci si spingeva già oltre il rinascimento e a Firenze circolavano i libri di Platone. Qui si conserva uno dei capolavori assoluti del genio umano, il codice Atlantico. Gli aerei, gli elicotteri, i carri armati: non c’è rimasto niente nel futuro che non fosse stato già ideato da Leonardo in questi 12 volumi.
PASTICCERIA GIOVANNI GALLI
I marron glaces di questa pasticceria storica lasciano lo spazio alla degustazione e a un aneddoto. Lavorava qui una certa Lucia Bosè. Veniva a prendere le paste ogni domenica Luchino Visconti che ne lodava la bellezza invitandola a metterla a frutto con una carriera nel cinema. Un po’ incerta tentò comunque la sorte con Miss Italia e vinse superando l’altrettanto bella e formosa Silvana Mangano. Si innamorò di un torero, girò il mondo, fu la musa del grande regista gay. Si dice che persino Renata Tebaldi, avesse perso la testa per lei.
IL TEATRO ALLA SCALA
Tappa imperdibile per un viaggiatore che identifica nell’opera l’italianità. Il legame tra gay e lirica è noto a tutti. L’amore per i costumi, la poesia e il canto si contestualizza tra questi splendidi drappi rossi e il lampadario di cristallo. Affacciarsi ad un palco, e vedere nel museo i ritratti delle vere grandi icone di sempre come Maria Callas provoca una grande emozione nei nostri compagni di viaggio stranieri.
VERONA
RELAX A BARDOLINO
Aqualux Hotel Spa Suite & Terme Ottimo punto di partenza per Verona dove trascorrere del tempo in un’atmosfera piacevole e rilassante. Da provare l’AquaSpa & Wellness tra saune, bagno turco, area fitness e zona AquaExperience. Per rifocillarsi una cucina gourmet di ottimo livello, anche nel caso di un semplice lunch.
CANTINE DEI CESARI
Per chi volesse accompagnare il suo viaggio ad un’esperienza di degustazione, le Cantine dei Cesari costituiscono una buona opportunità. Degustazioni di cibi locali e vini eccellenti. Sullo sfondo vigne a perdita d’occhio, un numero infinito di barili di ogni dimensione e materiale, molte bottiglie di grandi annate. Fondata nel 1936 da Gerardo Cesari la cantina è presto diventata sinonimo di vini di alta qualità nell’area di Verona. Infatti, fin dagli anni settanta, l’Amarone Cesari è stato tra i primi vini della Valpolicella ad arrivare nei cinque continenti, grazie allo spirito avventuriero di Franco Cesari. Tra i vini odierni ottimo il Corvina in purezza.
A SPASSO IN CITTÀ
Verona è la città dell’amore. Viverci forse non rende questa idea, ma quello che qui fu narrato da Shakespeare si rinnova a tinte identiche dopo cinque secoli. Una città che conserva valori e forme legati ad un passato d’antichi fasti medievali e rinascimentali. Come Mercuzio nel terzo millennio è stato ucciso in queste strada un ragazzo, Nicola Tommasoli, qualche anno fa. La sua unica colpa era avere dei capelli troppo lunghi. Ogni anno alcune madri degli assassini si incontrano sotto la targa che lo ricorda assieme alla madre della vittima. Come Capuleti e Montecchi. Non c’è da stupirsi se Shakespeare, un vero passionale, avesse una relazione particolare con Verona e queste sue contraddizioni. La città fa da sfondo a “Romeo e Giulietta”, ma anche a “Due gentiluomini di Verona”, “La bisbetica domata”, “Mercante di Venezia” e “Otello”.
Immancabile una serata all’Arena, se il cartellone lo consente, e una visita alla casa di Giulietta dove lasciare il proprio messaggio, d’amore naturalmente. La città è anche patria di Catullo poeta narrante gli amori omosessuali senza peli sulla lingua, un Alfonso Signorini del tempo, con qualche studio classico in più alle spalle.
Per mangiare l’Osteria Sottoriva, molto antica, cibi tradizionali vino buonissimo. Un tempo era una casa di tolleranza, vengono ancora conservati alcuni antichi ricordi e vi si trovano simpatici libri in tema oltre a polpette da leggenda.
Letizia Strambi