Dopo la recente legalizzazione dei matrimoni LGBTQ+ in Svizzera, l’Italia resta l’unico e ultimo Paese dell’Europa occidentale a non permettere i matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Unioni civili vs matrimoni LGBTQ+
Attualmente, in Italia sono regolamentate solo le unioni civili tra persone dello stesso sesso, legalizzate grazie alla legge n. 26 del 20 maggio 2016, la cosiddetta legge Cirinnà.
La legalizzazione delle unioni civili ha finalmente riconosciuto legalmente le coppie dello stesso sesso in Italia, riconoscendo alle stesse una serie di diritti ma non il pieno riconoscimento giuridico che prevede il vincolo del matrimonio.
Nello specifico, come per il matrimonio, i partner possono decidere fra la comunione o la separazione dei beni, sono tenuti a contribuire ai fabbisogni della famiglia e all’assistenza reciproca, all’assegno di mantenimento, al diritto di successione, alla pensione di reversibilità e al diritto di visita in caso di malattia.
Al contrario, per le unioni civili non è imposto l’obbligo di fedeltà, non è permessa l’adozione – se non in casi particolari autorizzai dal giudice – e non è prevista la separazione ma si passa direttamente al divorzio dopo 3 mesi dalla comunicazione all’ufficiale di riferimento.
Una discrepanza questa che segna una grossa lacuna in termini di pari diritti e che in parte sembra andare a sminuire l’importanza delle coppie LGBTQ+ rispetto a quelle etero. Non resta che sperare che dopo la vittoria schiacciante nella vicina Svizzera anche in Italia ci si muova verso questa direzione e si combatta per una legge che approvi i matrimoni tra persone dello stesso sesso insieme all’ancora in sospeso legge contro l’omofobia.
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