La cucina israeliana è commistione pura, è una sovrapposizione di livelli culturali e religiosi che solo questo Paese vanta. Alla cucina ebraica tradizionale, regolamentata in maniera molto complessa dalla Kosherut, si innesta quella mediorientale dai forti sapori speziati e con significativi contributi nei piatti dolci. La cucina araba mediorientale è regolamentata dalla tradizione halal, simile, ma non identica, a quella ebraica.
La Kosherut è una raccolta di regole alimentari complesse, desunte dall’interpretazione delle Scritture dell’Antico Testamento, la Bibbia. La loro natura arcaica e culturalmente profonda, l’attenzione rivolta anche all’equilibrio nutraceutico, fa sì che esse permettano a qualsiasi commensale, con abitudini alimentari diverse, di pasteggiare alla stessa tavola. Questa fu, tempo fa, la mia esperienza, partecipando ad un pranzo per la celebrazione di Shavuot, la Pentecoste ebraica e che ricorda la consegna della Torah da parte di Dio nelle mani di Mosè, grazie alla fuga dall’Egitto da parte del popolo ebraico. Ecco alcuni principi chiave della Kosherut:
- Le carni pure sono quelle dei quadrupedi con l’unghia spaccata, come ovini e bovini, ma non il cavallo. Il pollame, non rapace, è consentito, così come i pesci muniti di squame e pinne, quindi non i crostacei.
- Mai cibarsi di carne e latte (o latticini) insieme. Leggiamo infatti in Esodo e Deuteronomio: “Non cuocere il capretto nel latte di sua madre”. Per questa ragione non solo non si consumano derivati della carne e del latte nello stesso pasto, ma bisogna di carne e di latte.
- Questa rigidità regolamenta quindi anche tre filoni ben precisi della cucina israeliana, in modo che non si verifichino commistioni inopportune di alimenti: le ricette kasher basari, cioè quelle che contengono carne; le ricette kasher halavi, cioè quelle che contengono latticini; le ricette kasher parve, cioè quelle che non contengono nè carne nè latticini.
- Il vino, componente essenziale della cucina israeliana e parte integrante della celebrazione dello Shabbat (sabato, giornata festiva, assimilabile alla domenica nella religione cattolico-romana): la vite deve avere almeno 4 anni di età, il produttore deve essere ebreo praticante, gli strumenti devono avere il riconoscimento kosher, che può avvenire solo grazie al rabbino.
Durante il mio pranzo di Shavuot ebbi modo di assaporare piatti tradizionali: dall’hummus di ceci ai falafel (forse di origine libanese), polpettine di ceci speziati con aromi e serviti con salsa di sesamo. I falafel si ritrovano spesso anche nello street food. Le polpette di baccalà in salsa speziata sono state una gradevole scoperta insieme al ‘caviale di melanzane’, il baba ganush. Per chiudere una saporita crostata di latte spolverata di cioccolato.
Uno dei miei compagni di tavolo, cuoco ebreo fedele alla kosherut, ma che produceva agnolotti ad Haifa, con grande successo, mi confidò che molti piatti della tradizione si possono comprare anche per strada, nella formula di street food. Ed è proprio qui che le commistioni tra cultura ebraica ed araba sono più evidenti: la carrellata di spezie colorate dagli odori inconfondibili decorano e profumano i dolci, come i baklava (pasticcini di pasta fillo e frutta secca, bagnati nel miele e nello sciroppo di zucchero) o come il kugel, una specie di pudding preparato con il caramello. Ancora cous cous e shakshuka (un composto di uova, cipolla, pomodori, peperoni e spezie) dal Nord Africa fanno da contraltare al balcanico burek allo yogurt, allo jachnun dallo Yemen, al kibbeh dall’Iraq.
Ancora una volta, la cucina si dimostra essere un meraviglioso esempio di combinazione, di inclusione di sapiente elaborazione. È lo strumento con il quale tutti i sapori si amalgamano, nel rispetto delle tradizioni individuali, ma pur sempre con atavico intento di sedersi tutti allo stesso tavolo per condividere il cibo comune. Senza considerare il grande contributo proveniente da secoli di navigazioni, di commerci, di esperimenti, di scambi di informazioni e di prodotti, di elaborazioni di ricette madri, modellate sui prodotti incontrati nelle destinazioni commerciali o di conquista. Israele è un esempio unico, sotto questo punto di vista, al di là della sua tormentata storia. La testimonianza della cucina nelle celebrazioni delle feste ebraiche, la conservazione degli antichi saperi della kosherut, rendono evidente l’adesione ad uno stile di vita in cui l’alimentazione sana ed equilibrata ha un rilievo essenziale nella quotidianità.
Di Giovanna Ceccherini