Il Ritratto di Lorenzo Lenzi di Bronzino della Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano
Benedetto Varchi (1503 – 1565), letterato fiorentino cresciuto con il favore dei Medici e le idee neoplatoniche di Marsilio Ficino (1433 – 1499) sull'”amore socratico”, scrisse alcune composizioni poetiche d’amore omosessuale. Fu vittima e protagonista di scandali che non riuscirono mai seriamente a comprometterne la reputazione, tanto che, poco prima di finire i suoi giorni, fu ordinato sacerdote e una volta morto fu seppellito con tutti gli onori.
Il gesto da lui compiuto che qui si vuole ricordate è l’aver commissionato un ritratto del suo pupillo del momento, Lorenzo Lenzi (1516 – 1571), ad Agnolo di Cosimo di Mariano detto il Bronzino (1503 – 1572), celebre pittore della corte medicea che si formò con Jacopo Carrucci detto il Pontormo (1494 – 1557), artista che ci ha lasciato diversi disegni impregnati di erotismo maschile.
Il Ritratto di Lorenzo Lenzi si trova oggi al Castello Sforzesco di Milano. Rappresenta il ragazzo all’età di circa dodici anni, ed è stato realizzato intorno al 1527, anno in cui conobbe il Varchi, che invece di anni ne aveva ventiquattro. Alcuni indizi ci suggeriscono che con molte probabilità il Varchi è proprio il committente del dipinto o a esso è strettamente legato. A favore di questa tesi (comunque non documentata) c’è la presenza, nel libro che il ragazzo tiene aperto con le mani, di un sonetto che lo stesso Varchi dedicò al giovane. In questa poesia lo definisce “Lauro”, esattamente come Petrarca con la sua Laura “d’ardente vertute ornata et calda”, del quale è riportato il sonetto relativo nell’altra pagina del libro.
Per molti anni i due fiorentini furono inseparabili, e oltre che in Toscana sono documentati insieme anche a Bologna, Padova e altre città. Poi, quando Lenzi, già vescovo di Fermo, cominciò a fare carriera politica con il pontefice, i loro destini si separarono. Fu trasferito in Francia e ad Avignone fu tra quelli che organizzarono con successo la difesa della città dagli ugonotti. Tuttavia Varchi si ricordò di lui ancora nel suo testamento, scritto nel 1565 poco prima di morire, lasciandogli quasi tutti i libri della sua ricca biblioteca.