È iniziato ieri 17 settembre e durerà fino a domenica 20 settembre il 34esimo Festival Mix Milano di Cinema Gaylesbico e Queer Culture, la rassegna cinematografica di film lungometraggi, documentari e cortometraggi LGBTQ che da oltre 3 decenni rende il Piccolo Teatro Strehler e lo Studio Melato luoghi suggestivi, di crescita di una Milano che punta sempre di più ai temi di inclusività e di lotta alle discriminazioni.
Quest’anno la formula del Festival Mix è differente rispetto agli altri anni. Si tratta di una modalità ibrida che permette la visione delle proiezioni sia dal vivo sia on demand, permettendo a tutti i cittadini italiani di godere delle rappresentazioni direttamente da casa.
Noi abbiamo deciso di partecipare dal vivo alla serata inaugurale della rassegna presentata dal comico Paolo Camilli (seguitissimo su Instagram per le sue parodie sul Corona Virus e altre a tematica LGBTQ) ed iniziata con la performance di danza di Bhava Dance Project.
Sul palco anche l’assessore alla cultura del Comune di Milano Filippo del Corno, che è stato premiato con il riconoscimento More Love. Un premio anche a Paola Cortellesi, eletta Queen of Comedy di quest’anno, “per la sua sensibilità contro le discriminazioni, i bullismi, le violenze di genere e, insieme, il coraggio di raccontarli con forza ed eleganza”.
Siamo qui oggi a recensirvi il lungometraggio che ha aperto il Festival Mix, “And Then We Danced”, nella speranza che questa perla del regista svedese di origine georgiana possa avere il successo ed i riconoscimenti che merita.
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“And Then We Danced” di Levan Akin
Presentato alla Quinzaine des Realizateurs di Cannes nel 2019 e selezionato dalla Svezia per rappresentare il paese nella categoria del Miglior Film Internazionale agli Oscar 2020, “And Then We Danced” è il primo film a tematica LGBT (un lungometraggio di 1h e 53 min) in lingua georgiana del noto regista di serie TV Levan Akin.
Il film è ambientato a Tbilisi, capitale della Georgia che, seppur sia uno dei pochi paesi dell’ex Unione Sovietica a proibire direttamente la discriminazione contro le persone LGBTQ (e consideri i reati commessi sulla base dell’orientamento sessuale come aggravante di azione penale), è ancora un paese fortemente omofobo. I valori tradizionali della Chiesa Ortodossa sono prevalenti in tutto il Paese e, di conseguenza, le persone LGBTQ sono ancora vittime di violenze e abusi psicologici e fisici.
Basti pensare che, all’uscita del film LGBT “And Then We Danced” in una sala cinematografica del centro di Tbisili, una folla di circa 500 uomini ha tentato di entrare nel cinema per interrompere la proiezione del lungometraggio. Alcuni spettatori sono stati aggrediti verbalmente e fisicamente.
Recensione del film LGBTQ, lungometraggio di apertura del Festival Mix di Milano
“And Then We Danced” di Levan Akin presenta una storia d’amore omosessuale, commovente tanto per il racconto quanto per la genuinità e purezza della sua interpretazione da parte dei giovani attori Levan Gelbakhiani (Merab) e Bachi Valishvili (Irakli).
Merab è un ballerino del National Georgian Ensemble che lavora duramente tutti i giorni sotto la guida rigida dell’insegnante per potersi riscattare dalle sue origini umili e con la speranza di non servire più di sera come cameriere al ristorante. Ambisce al superamento delle audizioni per entrare nel Balletto Nazionale, così da poter viaggiare il mondo, come fece il padre a sua volta.
Merab è risoluto, un grande lavoratore. Non come il fratello che frequenta controvoglia le lezioni, che si ubriaca tutte le sere e che viene minacciato più volte dall’insegnante di essere letteralmente buttato fuori dalla compagnia. Merab è un danzatore convinto ma, agli occhi dell’insegnante, non abbastanza “maschio” e, quindi, in contrasto con il motto della danza georgiana: “la danza deve contrapporre alla ‘candida verginità’ delle donne una forte virilità”.
Ad aggravare la posizione di Merab agli occhi dell’insegnante è l’entrata nella compagnia del danzatore Irakli, un bel ragazzo moro, dal fascino magnetico. Un ballerino dai movimenti molto più maschili di Merab. Chiaro, quindi, come Irakli diventi sin da subito il suo rivale. Merab però ne è al contempo intimamente infatuato ed in lui iniziavano a prevalere sentimenti contrastanti: l’amore per la sua compagna di sempre, con la quale si allena tutti i giorni, e la gelosia mista ad attrazione fisica nei confronti della new entry del corpo di ballo. Di notte Merab si strugge pensando ad Irakli, di giorno lo cerca continuamente, fino ad arrivare ad allenarsi con lui alla mattina, piuttosto che con la compagna.
Anche Irakli è affascinato da Merab e non è nuovo ad esperienze omosessuali, che tuttavia gli hanno provocato dei problemi in passato. Tra i due rivali nasce un’intesa, che scoppia in un desiderio fisico irrefrenabile.
Da qui il racconto dell’attrazione vissuta tra i due è qualcosa di magistrale. Le fasi dell’infatuazione, dell’innamoramento sono raccontate per come realmente sono, senza costruirci sopra chissà che cosa. Il senso potente di mancanza dell’altro, che equivale a sofferenza, ad una malinconia che porta al tormento, è ben interpretato da Levan Gelbakhiani (Merab). Riviviamo quello che anche noi almeno una volta nella vita abbiamo provato.
Il sesso sfrenato, veloce, di una notte, tra Merab e Irakli è accompagnato da abbracci intensi, emozionanti.
Il finale di questo film LGBT, che preferiamo non raccontarvi, rende ancora più vivide queste emozioni. Quello che vi raccontiamo è, tuttavia, il coraggio che nasce in Merab nella decisione di non sottostare più alle imposizioni della danza georgiana. Il ballo efebico, sensuale agli occhi del giudice, il suo grido urlato durante le audizioni attraverso i suoi passi, le sue movenze dissacranti: tutto ciò è qualcosa che rende questo film meritevole di essere visto anche da coloro che dalle tradizioni omofobe e maschiliste non riescono a distaccarsene.
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