La felicità è una pretesa? A quanto pare in Italia sembra di sì.
Ogni volta che vado all’estero molte persone, soprattutto Nord Europee, tendono a non capire perché noi italiani dibattiamo su tutto con una tifoseria da stadio.
Persino la lotta che ci doveva vedere più uniti, come popolo LGBT, ci ha visto puntualizzare su ogni emendamento, con il batticuore in attesa dell’approvazione. Senza la possibilità di adottare il figlio del partner (che pure doveva essere un diritto acquisito) alcuni dicevano che bisognava impuntarsi a costo di non vincere. Ovvero non avere la legge sulle Unioni Civili affatto, piuttosto che averla gambizzata.
Questo è un atteggiamento che mi resta veramente difficile da capire, che per fortuna nel caso delle Unioni Civili non ha dato atto a inutili sconfitte. Hillary Clinton non era certo una candidata ideale, ma votare Trump è una vittoria? La modifica della costituzione non mi piace, allora eccomi qui con la carcassa del Governo precedente ad andare avanti verso l’inanità. Tuttavia, nonostante questi incomprensibili battibecchi che frenano l’economia, qualche volta anni di lotte vengono coronati da soddisfazioni immense, come quella ottenuta con l’approvazione delle Unioni Civili. Tranne che per le questioni relative ai figli, le Unioni Civili sono in tutto e per tutto identiche a un matrimonio. Credo che le persone LGBT ne traggano il vantaggio che gli spetta. Innanzi tutto, quello del rispetto, il riconoscimento di un’esistenza non distorta agli occhi dei più ignoranti obbligati a riconoscervi la rettitudine. Un’esistenza degna di approvazione civile, da cui si spera derivi quella sociale.
Non a caso i primi a correre al comune sono stati i gay più anziani. Persone vissute nell’oscurità di tempi ben più difficili, abituate a sentirsi chiamare “frocio”, a rifugiarsi nel buio per un bacio nel momento più sfavillante della gioventù. Quel risolino rivolto a una giovane coppia che diventava sempre più amaro trasformandosi in appellativi come “vecchia checca”, sussurrati al passaggio, buttati lì come se non facessero male. Fa male invece, e se non posso azzittirti io, ho dalla mia parte la legge che ti obbliga a rispettarmi dove tu non sei in grado per educazione, ti obbliga a inghiottirti gli insulti, ad accettare il mio amore.
Spero che il mondo l’abbia sentito forte e chiaro questo “Si” alle Unioni Civili, perché ci siamo scannati tra noi, come facciamo dal medioevo, ma ce l’abbiamo fatta. Persino il Papa ci ha aiutato, non certo avallando le Unioni Civili, ma impedendo alle frange cattoliche integraliste di protestare a nome dei cristiani, a nome suo. E sebbene altrove è arrivata prima e più semplicemente questa legge, non credo che nessuno goda dello sfondo che questo Paese consente all’amore, proprio perché così sofferto. La sacralità, il misticismo, la storia, la cultura, la natura sono i testimoni di una civiltà controversa ma allo stesso tempo unica, incarnazione della passione e della bellezza. Dite “Si” in Italia, vi aspettiamo.
Alessio Virgili