La comunità LGBTQ+ libanese, che fino a poco tempo fa godeva di una certa visibilità e spazi di socializzazione almeno parzialmente sicuri in Libano, è ora vittima di un crescente clima di ostilità e discriminazione. Questa inversione di tendenza è parte di una crisi più ampia che affligge il Paese, dal declino economico alle tensioni sociali.
Tarek Zeidan, direttore esecutivo del gruppo per i diritti LGBTQ+ Helem, ha definito questo fenomeno come “creazione di un panico morale“. Questo panico viene utilizzato come una strategia di distrazione da parte delle autorità e delle figure conservatrici per deviare l’attenzione dai problemi più urgenti, come la crisi finanziaria, la disoccupazione e la corruzione endemica. L’obiettivo è polarizzare il dibattito pubblico su temi morali e sociali, giustificando così misure repressive contro la comunità LGBTQIA+.
Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, è stato una figura chiave nell’intensificare questa retorica ostile, arrivando addirittura a chiedere che gli omosessuali siano uccisi. Tali dichiarazioni hanno avuto conseguenze reali, con un aumento significativo di minacce online e attacchi fisici alla comunità. A tutto ciò si aggiunge una crescente ondata di censura e di tentativi legislativi volti a criminalizzare ulteriormente l’omosessualità. Proposte di legge in questo senso sono state avanzate da figure politiche influenti, come Mohammad Mortada, ministro della Cultura ad interim.
L’articolo 534 del Codice penale libanese, che punisce “qualsiasi rapporto sessuale contrario all’ordine di natura“, è ancora in vigore nonostante diverse sentenze che ne contestano l’applicazione. Tentativi recenti di abrogare questa legge sono stati fermati da una massiccia campagna di autorità politiche e religiose libanesi.
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La crisi economica e politica come sfondo
Il contesto più ampio di questa persecuzione è una crisi economica e politica che sta devastando il Libano, con l’aggravante della pandemia di COVID-19 e la tragica esplosione nel porto di Beirut nel 2020. L’uso cinico della comunità LGBTQ+ come capro espiatorio non è solo disumano, ma anche controproducente. Crea nuove divisioni sociali e distrugge qualsiasi pretesa di rispetto per i diritti umani e i principi democratici.
La tattica di usare la comunità LGBTQ+ come diversivo da problemi più gravi è un fenomeno non limitato al Libano, e rappresenta un campanello d’allarme che segnala problemi strutturali profondi, sia nel paese che a livello globale. La situazione in Libano è un caso esemplare di come il deterioramento dei diritti umani può essere un sintomo di una malattia politica e sociale più grande, mettendo a rischio non solo le comunità più vulnerabili ma la stabilità dell’intero sistema.
Diritti LGBTQ+ in Libano: una lotta per l’accettazione e il cambiamento
Il Libano, con la sua storia complessa e la sua ricca diversità culturale, è diventato un punto focale per i diritti LGBTQ+ nel Medio Oriente. Mentre la regione in generale ha lottato con le questioni legate all’omosessualità, il Libano si è distinto in vari modi, sia positivi che negativi.
L’articolo 534 del Codice penale libanese, che punisce l’omosessualità con una pena massima di un anno di reclusione, resta una delle leggi più controversie del Paese. Tuttavia, rispetto ad altri paesi del Medio Oriente come l’Iran, l’Arabia Saudita, l’Yemen, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar, le sanzioni in Libano sembrano quasi miti.
La stigmatizzazione sociale dell’omosessualità nel Libano è ancora palpabile. Tuttavia, dal 2009, numerosi giudici si sono opposti alle condanne basate esclusivamente sull’omosessualità. Le manifestazioni a favore dei diritti LGBTQ e l’abolizione dell’articolo 534 stanno diventando sempre più frequenti.
Beirut, la capitale, è vista come un safe space per molti giovani LGBTQ+ in fuga dai Paesi vicini. È diventata negli un centro di attivismo, tanto da ospitare il Pride nel 2018, il primo Pride nel mondo arabo.
Nel 2013, il Libano ha compiuto un passo significativo eliminando l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. Questo, in combinazione con altre sentenze progressive, ha segnalato una lenta evoluzione verso l’accettazione e il cambiamento.
Tuttavia, come abbiamo visto nell’introduzione di questo articolo, il cammino verso l’uguaglianza e l’accettazione della comunità LGBTQ+ è ancora lungo.Sono altri gli esempi recenti che dimostrano quanto sia ancora difficile la vita per la comunità queer libanese: nel giugno 2022, le celebrazioni del Pride Month sono state vietate, e nel 2023, la produzione del film “Barbie” è stata interdetta con l’accusa di promuovere l’omosessualità.
In politica, il partito Kataeb è l’unico che supporta apertamente la decriminalizzazione dell’omosessualità. Altri partiti hanno ancora un atteggiamento ambiguo o apertamente ostile verso la comunità LGBTQ+.
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