Martedì scorso, la Corte Suprema nipponica ha preso una decisione storica sui diritti delle persone transgender, in una sentenza che potrebbe contribuire a promuovere i diritti LGBT in Giappone, un Paese ancora intriso di conservatorismo.
Il verdetto rappresenta un evento storico, in quanto è la prima volta che la Corte Suprema del Giappone si pronuncia sulla condizione lavorativa delle persone queer, gettando le basi per un potenziale progresso positivo nel quadro giuridico del Paese. Vediamo di cosa si tratta.
Una lotta per l’uguaglianza sui luoghi di lavoro
In una decisione storica emessa martedì, la Corte Suprema del Giappone ha stabilito che era “inaccettabile“ costringere una funzionaria transgender del Ministero dell’Economia ad usare servizi igienici lontani dal suo ufficio. Inizialmente, nel 2019, un tribunale distrettuale di Tokyo aveva ritenuto tali restrizioni illecite, decisione poi ribaltata nel 2021 dall’Alta Corte di Tokyo.
Il caso ha evidenziato la complessità della legge giapponese, che consente alle persone trans* (transgender e/o transessuali) di modificare legalmente il loro genere sul registro di famiglia solo se hanno subito un intervento chirurgico di riassegnazione di genere. La donna coinvolta nel caso era impossibilitata a sottoporsi all’intervento a causa di problemi di salute. In questo contesto, il verdetto della Corte Suprema rappresenta una pietra miliare per i diritti delle persone transgender in Giappone.
il presidente del tribunale, Yukihiko Imasaki, che ha definito “inaccettabile” il mantenimento della politica restrittiva del ministero, ha sottolineato che tale restrizione “ha svantaggiato ingiustamente” la donna rispetto ai suoi colleghi e ha costituito un “abuso di potere“. Ora, il governo sarà tenuto a risarcire la donna con 110.000 yen (circa 1.000 euro) per il danno psicologico subito.
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I diritti LGBT in Giappone: sfide e progressi
Nonostante la strada per il pieno riconoscimento dei diritti LGBT in Giappone rimanga difficile, il Paese ha fatto notevoli passi avanti negli ultimi anni. Sostenuti da attivisti, campagne di sensibilizzazione e lunghe battaglie legali, i diritti delle coppie dello stesso sesso stanno lentamente guadagnando riconoscimento nella società giapponese.
Tuttavia, il Giappone rimane l’unico membro del G7 in cui il matrimonio omosessuale non è ancora riconosciuto legalmente. La Costituzione giapponese, all’articolo 24, stipula che il matrimonio deve basarsi sul consenso reciproco di entrambi i sessi e sottolinea la parità tra “marito e moglie”, rafforzando il valore della famiglia tradizionale.
Nonostante ciò, molte coppie omosessuali in Giappone hanno avuto l’opportunità di celebrare pubblicamente le loro unioni, in cerimonie che, sebbene non riconosciute a livello statale, permettono loro di ottenere alcuni riconoscimenti a livello locale. Questo è in parte dovuto al supporto di alcune istituzioni religiose che si sono dimostrate aperte alle richieste della comunità LGBT+, come il tempio buddista di Saimyoji e il santuario shintoista Negainomiya a Osaka, che celebrano matrimoni tra persone dello stesso sesso da diversi anni.
Nel 1880, il Giappone ha legalizzato l’omosessualità, introducendo il codice napoleonico. Da allora, nonostante non esista un completo riconoscimento giuridico delle relazioni omosessuali, non ci sono leggi specifiche contro l’omosessualità, e la società giapponese non ha mai mostrato ostilità verso la comunità LGBT+. Inoltre, le principali religioni del paese, lo shintoismo e il buddismo, non hanno mai perseguitato le persone omosessuali.
Recenti sondaggi mostrano un crescente accettazione sociale della comunità LGBTQIA+ in Giappone, con una netta divisione generazionale: le generazioni più giovani sono decisamente più a favore. Anche se la maggior parte dei partiti politici non si è mai schierata apertamente pro o contro il riconoscimento dei diritti LGBT+, esistono diversi esponenti apertamente gay. A livello locale, inoltre, alcune città hanno vietato espressamente la discriminazione basata sull’orientamento sessuale.
La parata del Pride di Tokyo, tenutasi ogni anno dal 2012, vede una partecipazione in crescita anno dopo anno. Un sondaggio del 2015 ha rivelato, inoltre, che la maggioranza dei giapponesi è a favore della legalizzazione del matrimonio omosessuale.
Nel 2009, il Giappone ha deciso di permettere ai cittadini omosessuali di sposarsi nei Paesi in cui il matrimonio omosessuale è legale. Sebbene il matrimonio omosessuale non sia ancora legalmente riconosciuto in questo Paese, questa decisione è stata vista come un passo significativo verso una futura legalizzazione e miglioramento dei diritti LGBT in Giappone.
Iniziando dal distretto di Shibuya a Tokyo nel 2015, diverse città giapponesi, tra cui Setagaya, Iga, Takarazuka, Naha, Sapporo, Fukuoka e Osaka, hanno iniziato a rilasciare certificati di relazione alle coppie omosessuali. Questi certificati, sebbene non basati sulla legge giapponese, facilitano l’accesso a diritti fondamentali come le visite ospedaliere e l’affitto congiunto di appartamenti. Dal 2017, Osaka è stata la prima città in Giappone a riconoscere ufficialmente le coppie omosessuali come famiglie affidatarie.
Nonostante le sfide, è sempre più evidente come la società nipponica stia facendo progressi verso un maggiore riconoscimento dei diritti LGBT in Giappone. L’opposizione persiste, ma la combinazione di attivismo, sensibilizzazione e cambiamenti a livello locale offre speranza per il futuro.