“Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce. Nei primi quaranta giorni passati senza che prendesse neanche un pesce, i genitori del ragazzo gli avevano detto che il vecchio ormai era decisamente e definitivamente salao, che è la peggior forma di sfortuna, e il ragazzo li aveva ubbiditi andando in un’altra barca che prese tre bei pesci nella prima settimana. Era triste per il ragazzo veder arrivare ogni giorno il vecchio con la barca vuota e scendeva sempre ad aiutarlo a trasportare o le lenze addugliate o la gaffa e la fiocina e la vela serrata all’albero. La vela era rattoppata con sacchi da farina e quand’era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne”.
HEMINGWAY, IL VECCHIO E IL MARE
El Malecon, il lungo mare dell’Avana, riproduce il suono immemore delle onde che si infrangono sul muretto, dove sono appoggiati pescatori appesi a speranze e piegati come le loro canne, mentre i bambini rinnovano partite di baseball con mazze limate da coltellini tramandati dal dopoguerra. Nell’aria un odore dolciastro di benzina, e questo tripudio di colori delle auto anni Cinquanta. Ti aspetti che spunti Grace Kelly con vestiti pastello, ma sono solo taxi particular – privati – che si guadagnano da vivere di nascosto dal regime, dandoti un passaggio in cambio di qualche soldo. Negozi non ce ne sono come li conosciamo noi. Nemmeno in centro, ne La Avana vecchia. Botteghe per turisti e merletti sono posizionati come in un teatro fittizio uguale a se stesso, eppure meraviglioso. Nelle periferie, i cubani fanno la fila altrove, in bassi bui, tra sacchi di fagioli e canne da zucchero o in mercatini improvvisati su teli.
Non deve essere stata molto diversa la Cuba apparsa ad Ernest Hemingway, se non fosse per le scritte inneggianti alla rivoluzione e al Che, lo scrittore non troverebbe oggi differenze.
La Avana è una città dove sostare almeno tre giorni. Hemingway passò qui per la prima volta nel 1928 prima di prendere una nave per la Spagna e capì che qui era nel suo destino. Ha vissuto appena fuori de La Avana a partire dal 1940. Gli piaceva pescare il marlin. Non è un segreto per nessuno. Il vecchio e il mare è un romanzo scritto qui, che ognuno dovrebbe leggere. Una riflessione sull’uomo dai tratti poetici, struggenti, come quest’isola. Un libro che diceva, molto prima di Jovanotti e dei suoi primitivi e potenti tamburi, che questo è l’ombelico del mondo.
Nel 1940 Ernest Hemingway, con la terza moglie Martha Gellhorn sposata quell’anno, comprò una fattoria. Abitò qui per venti anni. Ogni tanto partiva per altri paesi, o per lunghe battute di pesca sulla sua nave, il Pilar. Ma poi tornava qui a Finca La Vigia, una costruzione di fine ‘800 di architettura coloniale spagnola, che oggi ospita oggi il museo dedicato a Hemingway.
Nell’Avana vecchia troverete i due bar frequentati dallo scrittore La Floridita (Esq. Monserrate) e La Bodeguita del Medio (Calle Empedrado). Impossibile non gustare qui mojito e daiquiri, non necessariamente in quest’ordine, tra foto e cimeli che rammentano Hemingway. Molti vi consiglieranno il mare di Varadero. La città esiste ma non esisteva per Hemingway. È un artificio per turisti dove sono sorti tutti i villaggi. Il vero mare bello, se proprio si vuole soggiornare in un luogo caraibico, si trova a Cayo Largo e conviene prendere un volo interno per raggiungere spiaggia bianchissima e barriera corallina.
All’interno, tappe importanti sono la Valle di Viñales (Dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO) e le città di Trinidad, e Santa Clara. Inutile menzionare musei. La terra stessa e le persone fanno di quest’isola una meta immancabile per un viaggiatore.
Piena di contadini che spaccano arance con i macheti, di case colorate da cui spuntano grosse santere vestite di bianco con turbanti in testa. Persone che si spostano con calesse e cavalli, sigaraie che arrotolano tra le loro cosce le foglie di tabacco con gesti sensuali, mischiando umori al gusto e all’aroma che vi incanterà quando aspirerete l’intimo sapore dei sigari migliori del mondo (Cohiba, Romeo e Giulietta sono i due da provare senza dubbio).
Son e rumba animano i locali dei paesi più antichi, si suona la salsa da mattina sera dal chiosco di bibite alle finestre aperte delle case da cui svolazzano tendine ricamate, sempre. Ma i ragazzi sognano il reghetton, mentre le storie bevute a sorsi con il rum dei loro nonni, sull’antico invasore americano, sono ricordi che sbiadiscono con il cigolio delle sedie a dondolo sulle verande.
Di Letizia Strambi
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