Sono tante le serie tv interamente dedicate al pubblico LGBT che, almeno qui in Italia, non vengono pubblicizzate a dovere. Eppure non sono da meno rispetto ai grandi colossi come Looking o Queer As Folk. Alcune di queste, purtroppo, sono soltanto dei semplici fenomeni di nicchia che solo con il tempo riescono a farsi strada tra il pubblico. Una sorte del genere è avvenuta per Eastsiders, dark comedy americana disponibile da poco più di un anno nel catalogo di Netflix.
Questa serie tv ha una genesi molto particolare. Sviluppata dal commediografo Kit Williamson nel 2012, la prima stagione di Eastsiders, formata da appena due episodi, all’inizio è stata diffusa solo ed esclusivamente su Youtube e, solo in un secondo momento è stata distribuita su Logo, un network americano che si occupa di diffondere programmi a tema LGBT. Il successo è stato immediato tanto da convincere il creatore a investire sul suo prodotto. Dopo la prima sono state realizzate altre tre stagioni e una quarta è in fase di post produzione. Al di là di questi piccoli particolari tecnici, Eastsiders è una serie da non perdere perché getta uno sguardo disamorato, crudo e realistico sui sentimenti LGBT.
Al centro della vicenda principale ci sono le vite di Cal e Thom. Vivono insieme a Silverlake da quattro anni, sono innamorati e sognano insieme un mondo e una vita migliore. Cal è appassionato di fotografia, Thom sogna di diventare scrittore ma non riesce nel suo intento. L’idillio viene spezzato quando Cal scopre i continui e ripetuti tradimenti di Thom. Tutto ciò innesca una serie di vicissitudini, anche piuttosto paradossali, che conducono i giovani amanti alla scoperta di loro stessi e, soprattutto, verso una sofferta riconciliazione. Oltre personaggi citati, attorno a Cal e Thom, convergono una serie di voci fuori dal coro che finiscono per pennellare la realtà sociale e lavorativa dei trentenni di oggi, fra sogni infranti e gioia di vivere.
È singolare come una miscela così convenzionale ha portato Eastsiders a imporsi come un vero e proprio trattato della realtà omosessuale moderna. E’ proprio in quelle sue battute graffianti, in quelle scene di sesso un po’ forti, e in quei algidi fisici da copertina che l’autore è stato sagace nel raccontare una storia semplice ma decisa che illustra senza nessun freno inibitorio gli usi e costumi della comunità. “Ho voluto creare dei personaggi che avessero la stessa complessità e gli stessi difetti della gente comune – affermato l’autore -. C’è un ampio spettro per raccontare la vita della comunità gay e io avevo intenzione di farlo attraverso un gruppo di personaggi che potessero essere complessi e al tempo stesso molto umani”. E la release finale parla chiaro.