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Albrecht Dürer si ritrae nudo nello studio

Calogero Pirrera by Calogero Pirrera
10 Luglio 2020
Reading Time: 3 mins read

Un disegno del pittore tedesco e la libertà dell’artista rinascimentale

Albrecht Dürer (Norimberga, 1471 – Norimberga, 1528), genio del Rinascimento tedesco, si ritrasse ripetutamente, quasi ossessivamente. Egli, inoltre, si sentì in diritto di prendere voce nelle questioni spirituali, politiche e sociali del proprio tempo, come quando si scagliò contro l’idolatria delle immagini, facendo eco all’idea luterana. Di Dürer si conoscono bellissimi autoritratti, in una continua definizione d’identità, come il precoce ma affascinante Autoritratto all’età di tredici anni (Vienna, Graphische Sammlung Albertina), disegno del 1484, in cui appare con gli abiti da apprendista, ancora a bottega dal padre che era un orefice. Fino all’Autoritratto all’età di ventotto anni (Monaco di Baviera, Alte Pinakothek) del 1500, in cui ormai il maturo artista, in una sorta di identificazione mistica con Dio, in abiti eleganti e sobri, sembra quasi sublimare il proprio status sociale e la stessa creatività attraverso l’evidente somiglianza con Cristo, il divino creatore.

Albrecht Dürer, Autoritratto all’età di tredici anni, Vienna, Graphische Sammlung Albertina,1484
Albrecht Dürer, Autoritratto all’età di ventotto anni, Monaco di Baviera, Alte Pinakothek, 1500

L’artista inaugura, di ritorno dall’Italia, un genere nuovo di ritrattistica per il Nord dell’Europa, in cui non solo fa conoscere quella che è materialmente la sua esistenza – nel suo caso la vita agiata ed il crescente prestigio e la considerazione di cui è fatto oggetto -, ma permette di scoprire aspetti del suo carattere, tanto il suo descriversi è minuziosamente introspettivo. Esemplificativo in tal senso può risultare un intimo disegno su carta verde, Autoritratto nudo (Weimar, Sclossmuseum), eseguito all’inizio del Cinquecento, dove per la prima volta un artista si presenta completamente svestito (si conosce anche un disegno del 1521 in cui l’artista, ritrattosi con le sole braghe, indica al proprio medico dove ha dolore). Vi si riscontra il realismo maniacale della descrizione anatomica, tipico dei suoi disegni del periodo, mentre si ritrae nel buio del proprio studio, nella notte, sicuramente a lume di candela, come sembra suggerire quello studiato dosaggio di bianco che riflette una fonte di luce proveniente dalla sua sinistra. L’artista indossa solo una cuffia da lavoro, che accentua la sua molto evidente nudità e permette di comprendere subito come quello che per Dürer poteva essere uno studio di nudo applicato a se stesso, in realtà fosse un disegno di uso privato, che gli consente di “darsi” completamente e senza veli.

Albrecht Dürer, Autoritratto nudo, Weimar, Sclossmuseum, 1500 ca.

Il suo sguardo ambiguo è davvero affascinante anche se non si può determinare l’azione che sta compiendo: sembra che guardi verso lo spettatore, ammesso che ce ne sia uno. I suoi occhi sgranati comunicano qualcosa a noi impossibile da percepire; il corpo volutamente sgraziato pare proteso verso l’osservatore, che nel gioco intrinseco e illusionistico della rappresentazione potrebbe coincidere con l’artista stesso davanti allo specchio. L’atteggiamento impudico della sessualità mascolina è tanto evidente che pare presentarsi senza peccato, come si trattasse di Adamo prima di mangiare la mela. Ma la descrizione fisica è così precisa e studiata da apparire subito caratterizzante: siamo davanti ad Albrecht Dürer, al peso delle sue membra, che, forse compiacendosi un poco, mostra in un’intimità senza remore, arrivando, attraverso il gesto compiuto, ad una sua “verità”, che di solito – e non a caso – è simbolicamente rappresentata nuda.

Albrecht Dürer, The Sick Dürer (“Do wo der gelb fleck is und mit dem finger drawff dewt do is mir we”), 1521

Il potere magico dell’ausilio di uno specchio che riflette il vero, per ri-apparire in un gesto di affermazione, magari solo per sé, può assumere valenza universale, tanto la materia costituente è cosa umana, nella sua cruda ma essenziale nudità, colpita nell’atto di affermare o indagare se stesso con l’arma catartica della nuda veritas. La nuova autocoscienza dell’artista rinascimentale – che sarà sempre più celebrato e che impone all’osservatore la propria presenza – informerà, nei secoli a venire, un particolare filone dell’autoritratto, che parte dal nudo di Dürer, in un delicatissimo momento storico di stravolgimenti culturali e scientifici quale è l’era moderna, passando per le correnti romantiche, fino alla maniacale vivisezione del sé a nudo dell’arte contemporanea inaugurata dall’austriaco Egon Schiele (Tulln an der Donau, 1890 – Vienna, 1918).

Egon Schiele, Autoritratto, 1910, Vienna, Graphische Sammlung Albertina
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