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Abrahm Devine | Il nuotatore “cacciato perché gay” dallo Stanford Swim Team

Redazione by Redazione
2 Ottobre 2019
Reading Time: 5 mins read

Abrahm Devine sostiene con certezza di essere stato cacciato dalla sua squadra di nuoto perché gay.

L’atleta, due volte campione della National Collegiate Athletic Association nei 400 metri misti, ha svelato, tramite un lungo post su Instagram, gli aspetti omofobi che ha vissuto in una delle più prestigiose scuole della California.

 

 

 
 
 
 
 
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As many of you know, I’m an openly gay swimmer and I am the only one at my level. I want to use this post to call out some of the homophobia that I’ve experienced being an athlete, and encourage everyone to be thoughtful and intentional about changing some of the homophobic aspects of the athletic culture that exists today. While I have many specific examples of micro aggressions and outright aggressions that I’ve experienced, homophobia is ultimately much more than an accumulation of experiences. In fact, it is a denial of experience. While I feel like I’ve tried to convey this to many people, many of whom deny any possibility that they contribute it, I’ve started to ask myself: Why is it my job to educate coaches and athletes at the most resourceful university in the world? I cannot continue to try to engage people in this conversation when there is so much fragility to obscure my humanity and character, so much rhetoric to keep me silent. Everyone says they support me, and yet, for the millionth time, I am the only one speaking up. To my coaches who sport the pride flag on their desk, to the athletes who liked my pride photo on Instagram, I need you to wake up to what’s happening around you. How can you say you support me and my equality? How can you not see how Stanford Swim has treated me and used me over the last 4 years? Am I invisible? Plain and simple: there are surface level reasons I was kicked off the Stanford swim team, but I can tell you with certainty that it comes down to the fact that I am gay. This is a pattern. Homophobia is systematic, intelligently and masterfully designed to keep me silent and to push me out. I am a talented, successful, educated, proud, gay man: I am a threat to the culture that holds sports teams together. I want something to change, because I can’t take it anymore. My story is not unique. There are queer voices everywhere and all you have to do is listen. I am asking, begging for some sort of action. If you are reading this, this post is for you! Gay or straight, swimmer or not. None of us are exempt from homophobia. It is your civil duty to educate yourself. If you choose not to, it is at my expense.

Un post condiviso da Abrahm DeVine (@abrahmdevine) in data: 29 Set 2019 alle ore 7:32 PDT

“Come molti di voi sanno, sono un nuotatore apertamente gay e sono l’unico al mio livello. Voglio usare questo post per raccontare l’omofobia che ho subito come atleta e per incoraggiare tutti voi a essere premurosi e intenzionali nel cambiare alcuni degli aspetti omofobici che esistono nella cultura atletica del mondo d’oggi. Nonostante abbia provato sulla mia pelle molti specifici esempi di micro aggressioni e di aggressioni esplicite, l’omofobia ultimamente è molto di più che un insieme di esperienze. È una negazione dell’esperienza. Mentre ho cercato di trasmettere questo messaggio a molte persone, molte delle quali hanno negato la possibilità di contribuire, ho iniziato a chiedermi: perché deve essere il mio lavoro educare allenatori e atleti nell’università più prestigiosa del mondo? Non posso continuare a discutere con persone quando c’è così tanta debolezza da oscurare la mia umanità e il mio carattere, così tanta retorica da mettermi a tacere. Tutti dicono di supportarmi, ma per la milionesima volta, sono l’unico a parlare. Ai miei allenatori che sfoggiano la bandiera arcobaleno sulle loro scrivanie, agli atleti che mettono like su Instagram alle mie foto del pride: ho bisogno che vi svegliate e vi accorgiate di quello che sta succedendo intorno a voi.

Come potete dire di supportare me e la mia lotta per l’uguaglianza? Come potete non vedere come la Stanford Swim mi ha trattato e usato negli ultimi 4 anni? Sono invisibile? Chiaro e tondo: ci sono motivazioni superficiali per le quali sono stato cacciato dallo Stanford Swim Team, ma posso dirvi con certezza che tutto si riduce al fatto che io sono gay. Questa non è una novità. L’omofobia è sistematica, intelligentemente e magistralmente disegnata per tenermi in silenzio e farmi fuori.

Sono un uomo gay talentuoso, di successo, educato e orgoglioso: sono una minaccia per la cultura che domina e tiene unite le squadre sportive. Voglio che cambi qualcosa perché non ce la faccio più. La mia storia non è l’unica. Ovunque ci sono voci queer e quello che devi fare è ascoltarle. Sto chiedendo, implorando di fare qualcosa. Se lo stai leggendo, questo post è per te! Gay o etero, nuotatore o no. Nessuno di noi è esente dall’omofobia. È un vostro dovere civico educarvi. Se decidete di non farlo, sarà a mie spese.”

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