“La mia famiglia non frequenta persone gay, perciò non ti frequenterò più”, gli ha detto mentre passeggiavano insieme dopo la scuola.
Arriva dall’America l’ennesima notizia a sfondo omofobico; frutto di una diffusa ignoranza e soprattutto di una dottrina che purtroppo forma anche i più piccoli a comportamenti orribili. C.J. è un undicenne come tanti, frequenta la scuola e condivide il suo tempo con gli amici, Allie in particolare, sua migliore amica da nove anni. C.J. non parla del suo orientamento sessuale. É un bambino di 11 anni ma quando ne parla, a volte si definisce gay, altre volte dice sono così; senza etichettarsi come è normale che sia.
C.J. vive in una normale famiglia di periferia, ha la passione per il make-up ed è innamorato dell’attore principale di Wonder. Tutto nella norma insomma, fin quando Allie, la sua migliore amica, gli ha spezzato il cuore: “La mia famiglia non frequenta persone gay, perciò non ti frequenterò più.
Allie ha sempre saputo che lui è un bambino “gender-creative“, che non si conforma alle tradizionali norme di genere, che ama le cose da femmine ed è attratto dai ragazzi carini, anche se la sua famiglia accetta che la figlia frequenti un bambino gay. ”
“Sono andata a lavoro con le lacrime agli occhi, pensando ai genitori di ragazzi arcobaleno che hanno provato questo dolore prima di me. A quelli che lo proveranno dopo di me. Ho pensato ai giovani LGBTQ o non-binari che hanno vissuto, il dolore e il ripudio di C.J. senza poter contare sullo stesso amore incondizionato e sullo stesso supporto a casa.” questa la conclusione della madre di C.J., addolorata dalla cattiveria nei confronti di un bimbo di 11 anni e dal razzismo che purtroppo viene insegnato piuttosto che debellato.